Quando arrivi alla diagnosi, la terapia diventa facile. L'esperienza di un olimpionico
Il mio incubo è cominciato ad aprile del 2010: era un problema facilissimo da risolvere, ma molto difficile da scovare. Dopo due anni e sette mesi di continui stop forzati sono tornato all’attività completa in quasi 3 settimane. Sono riconoscente innanzitutto per la serietà e la professionalità che ho trovato in questo team.”

Giorgio Rubino, classe 1986, è un campione della marcia, una delle discipline olimpiche più dure e faticose, che esalta il movimento, ma ha anche bisogno di allenamenti severi e costanti per raggiungere i massimi livelli, da sempre occupati dagli atleti italiani.
La nostra disciplina è una vera e propria scelta di vita che condiziona ogni singola azione della nostra quotidianità. È sorprendente constatare come il passare degli anni e l’esperienza su determinati segnali che riceviamo dal nostro corpo, la nostra “macchina”, ci faccia affrontare la fatica ed i problemi in modo sempre più efficace. In questi anni di preparazione e competizioni l’atleta matura la sensibilità per sapere già il giorno precedente che tipo di sforzo si potrà fare il giorno seguente. È un lavoro duro, ma così il margine di errore diventa sempre più basso. Tuttavia, c’è anche un altro aspetto da non sottovalutare: conservare la nostra integrità fisica e mentale fuori dall’allenamento è importante quanto e più dell’attività stessa. Quindi è chiaro che quando accade qualcosa che impone un allontanamento dall’attività, il nostro corpo e la nostra mente ne pagano le conseguenze.
Il mio incubo è cominciato ad aprile del 2010, ma allo stesso tempo il problema è complicato da spiegare perché si è presentato in più riprese e manifestando sintomi e problemi diversi, compromettendo due stagioni agonistiche: il Campionato Europeo di Atletica di Barcellona 2010, al quale ho gareggiato con una preparazione di soli 65 giorni, ma soprattutto il mondiale di Daegu 2011, in Corea del Sud.
Sono una persona molto tenace ed è stata questa mia caratteristica che mi ha portato ad uscire fuori dal tunnel, eppure devo ammettere che la strada percorsa per arrivare alla risoluzione è stata davvero lunga. Basti pensare che in poco tempo avevo raggiunto un sovrappeso di quasi 20 chilogrammi.
Il mio era un problema facilissimo da risolvere, ma molto difficile da scovare. In tre mesi ho percorso circa 20mila chilometri in macchina quando in media ne percorro 18mila in un anno. Una tappa a Torino, con un intervento chirurgico riuscito, ma che niente aveva a che fare con il problema. E poi ancora ecografie, risonanze magnetiche, visite di ogni tipo, fino all’incontro con il professore Franco Combi ad Appiano Gentile, presso il ritiro dell’Inter, che mi ha indicato la via per risolvere il mio problema. Da lui, infatti, è arrivato il consiglio di affidarsi alle cure di Silvia Malaguti e Jacques Lamarche, i professionisti che mi hanno ridato la luce dopo il buio cieco di questo tunnel.
La prima cosa che mi ha colpito è il lavoro di squadra, sinonimo di serietà e professionalità. Si tratta di persone talmente preparate e sicure delle proprie competenze da metterti nella migliore condizione possibile per risolvere il tuo problema il prima possibile. La prova sta nel fatto che dopo due anni e sette mesi di continui stop forzati sono tornato all’attività completa dopo quasi 3 settimane.
Per me è stata una rivoluzione oltre che una risoluzione del problema, perché grazie al loro intervento ho potuto ricominciare la mia seconda parte di carriera internazionale nonché la mia seconda vita. Attualmente sto portando avanti la preparazione per Londra 2012 lavorando come non mai prima di quest’anno, ma soprattutto con la consapevolezza di poter lavorare in modo sereno per tutta la stagione, un elemento sicurezza importante per il benessere psicofisico di un atleta.
Giorgio Rubino