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Le mani del maestro Lino Tagliapietra: un patrimonio da salvare

L’uso del corpo è legato a doppio nodo alla mia attività artistica. Sia come studio della forma che come utilizzo di braccia, mani, polmoni che nella tradizione dell’arte vetraria sono gli strumenti essenziali dell’artigiano, messi a dura prova dal tempo, dall’usura. È quello che è accaduto a me, dopo anni di lavoro, creazioni, mostre in tutto il mondo, quando ho cominciato a soffrire di forti dolori al collo, capaci di condizionare la mia attività, fin quasi a farmi perdere l’uso del braccio destro”

L’uso del corpo è legato a doppio nodo alla mia attività artistica. Sia come studio della forma che come utilizzo di braccia, mani, polmoni che nella tradizione dell’arte vetraria sono gli strumenti essenziali dell’artigiano, messi a dura prova dal tempo, dall’usura. È quello che è accaduto a me, dopo anni di lavoro, creazioni, mostre in tutto il mondo, quando ho cominciato a soffrire di forti dolori al collo, capaci di condizionare la mia attività, fin quasi a farmi perdere l’uso del braccio destro”.

A parlare è Lino Tagliapietra, lo “scultore del vetro” che ha fatto di un oggetto di uso quotidiano, il vaso, un simbolo di bellezza artistica famoso nel mondo, ma soprattutto capace di fondere modernità e tradizione nel gesto antico e quasi religioso di soffiare aria nel vetro, un materiale solido eppure fragilissimo. “Proprio come il nostro corpo, sempre soggetto ai cambiamenti del tempo, una materia viva”, continua il maestro.

“Penso, -aggiunge – anche per la mia esperienza personale, a un punto in particolare del nostro corpo, il collo, per certi versi simile a quello dei vasi, un elemento di estrema bellezza nell’uomo e nella donna, ma anche di estrema fragilità, capace di mostrare l’altro lato della bellezza: il dolore”. Da secoli i maestri vetrai che circondano Venezia e la sua laguna, da Murano in poi, “siedono sullo scagno, quel sedile che fa da banco di lavoro e spingono sui muscoli di schiena e fondoschiena per modellare il vetro – spiega il maestro che ha appena presentato la sua opera in una conferenza a Denver, negli Usa – , portando la canna e gli oggetti informi da una mano all’altra per modellarli, tagliarli, con torsioni e movimenti continui che a lungo andare hanno contraccolpi sulla schiena e sulle vertebre”. Come il vetro anche il corpo può andare in frantumi. “Dopo anni di esami, due interventi negli Stati Uniti con una tecnica innovativa, e molti antidolorifici, peraltro divenuti inefficaci, circa 12 anni fa ero destinato ad una nuova operazione -ricorda Tagliapietra – sull’esito della quale non potevo essere certo. Un osteopata che conoscevo mi indirizzò da Jacques Lamarche con queste parole: ‘La mando dal mio maestro’. Fu un incontro determinante, che mi ha evitato un nuovo intervento chirurgico, alleviando finalmente il dolore che era diventato come una coltellata nelle spalle, accompagnato ad un atteggiamento curvo, ingobbito.

Quelle sedute mi hanno permesso di trovare il mio equilibrio, un aspetto fisico migliore, più bello, direi, sotto il profilo estetico – continua – e di trovare anche un amico capace di una sensibilità particolare nel collegare i problemi fisici con quelli psicologici”. L’incontro con Lamarche è stato, infatti, anche l’occasione per riflettere sulla connessione tra corpo e mente, “sull’influenza reciproca – spiega Tagliapietra – che il dolore psichico e quello fisico hanno l’uno sull’altro. Il grande merito di Lamarche – continua – è quello di ridarti attraverso gli esercizi che coordina con i test neurologici la forma perduta, di rimetterti in piedi, di restituirti un aspetto eretto, dignitoso, ma anche quella di riuscire attraverso poche parole a capire molto di più di quello che dici. Credo che quello che ha sia un dono superiore: entrare in sintonia con la persona che ha di fronte. La sicurezza di questo rapporto, di poter essere se stessi totalmente, con il proprio carico di sofferenza e le proprie difficoltà, ha un grande valore al fine del successo del trattamento: il dolore ha spesso una forte componente di insoddisfazione e frustrazione che si fonde insieme a quello fisico, come avviene con diversi materiali e colori durante la creazione artistica di manufatti in vetro. Comprendere questo, come nel caso di Lamarche, lo rende quello che si potrebbe definire un vero ‘artista del corpo’

Lino Tagliapietra

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