Modello di riferimento teorico nella Psicoterapia con il Dott. Riccardo Pignatti.
Con Milton Erickson negli Stati Uniti e Giampiero Mosconi in Italia l’ipnosi ha assunto il ruolo di una vera e propria psicoterapia a sé stante ed è stata riconosciuta dal Ministero Italiano dell’Istruzione (MIUR) e teorizzata nei quattro Manifesti teorico-didattici redatti dall’A.M.I.S.I. e dalla sua Scuola (vedi: http://www.amisi.it/psicoterapia-ipnotica/).
L’ipnosi è un fenomeno naturale e spontaneo, paragonabile a quello che la mente assume nell’addormentamento o nel risveglio, o in quei momenti di riposo durante quelle fasi definite di “normale trance quotidiana”, quando cioè, compiamo gesti abituali e automatici, detti anche inconsci.
In questa fase il cervello riduce la sua attività cosciente, razionale e attiva le aree inconsce, emozionali.
L’ipnosi di per sé non è terapia, ma solo uno stato modificato di coscienza che tra i suoi diversi fenomeni ha la possibilità di attivare particolari aree cerebrali e contemporaneamente di variare lo stato neurofisiologico di funzionamento del cervello (vedi: https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/27469596).
In questa condizione mentale il soggetto acquisisce, in maniera inconsapevole, un maggior controllo sulle proprie risposte emozionali e somatiche. Favorisce, secondo il modello neo-ericksoniano, l’accesso alle risorse del inconscio, che è quel magazzino dove sono conservate tutte le capacità, le potenzialità e le risorse per potersene appropriare e mettere in atto comportamenti e pensieri risolutivi del problema che crea disagio.
Nella terapia ipnotica ericksoniana, l’ipnosi non è la trance profonda a cui siamo abituati a pensare, ma ciò che serve per lavorare al meglio con le persone, enfatizzare le caratteristiche di ascolto e interazione che compongono ogni buona relazione umana e in particolare la relazione di aiuto, e per accedere alle risorse personali superando gli schemi rigidi psicopatologici.
Oltre alla trance, i due concetti portanti dell’ipnosi ericksoniana sono il rapport tra paziente e curante e l’uso delle metafore e delle storie.
La trance è lo stato mentale che facilita il rapport e la metafora.
Il rapport è la particolare relazione di fiducia e di apertura che si crea con il terapeuta.
La metafora è lo strumento principe per aggirare le difese, l’intellettualizzazione, i ragionamenti e le barriere consce, che fanno restare nel problema e amplificano i sintomi anziché risolverli.
I concetti e le operazionalità che ruotano intorno all’ipnosi sono da sempre di grande interesse culturale generale e di diffusa utilizzazione anche in ambiti non psicoterapeutici (comunicazione, public speaking, counseling, coaching, etc), non a caso, l’ipnosi ericksoniana ha originato approcci che hanno ottenuto una enorme diffusione nei settori più disparati della comunicazione umana (PNL, etc.) e condivide lo stesso background delle terapie su base meditativa e corporea (focusing, mindfulness, training autogeno etc).
Attraverso il “sintomo”, qualunque esso sia (ansia, depressione, panico, somatizzazione, dipendenza, disturbi sessuali, problemi esistenziali e così via) possiamo cominciare a imparare da noi stessi e a guardare al futuro con occhi nuovi e nuove soluzioni.
Mettiamoci in ascolto, anziché combattere, e troveremo insieme nuove formule per vivere meglio. Non importa quale sia la diagnosi, o il motivo che vi spinge ad entrare in terapia. Scopriremo presto insieme che i sintomi che vi hanno portato al malessere diventeranno i primi alleati per darci la spinta al cambiamento.
Chi soffre di più è spesso anche chi è più sensibile alla realtà, ma è anche più pronto a intraprendere un cammino di evoluzione e cambiamento.
Un problema di tipo psicologico può anche essere causa o conseguenza di un disturbo di tipo prevalentemente fisico. Anche il dolore cronico può talvolta avere cause o concause psicologiche, ma quasi sempre ha delle conseguenze sul piano psicologico.
Affrontare le questioni sotto molteplici aspetti significa avere molteplici possibilità di successo e di concorrere alla guarigione o di riuscire a gestire al meglio situazioni croniche. Non dobbiamo abbandonare un percorso che già stiamo facendo magari sul piano medico o aspettare di iniziare una psicoterapia come “ultima spiaggia”, come purtroppo spesso avviene.
La durata del percorso terapeutico è decisa dalla persona che si rivolge al terapeuta, ognuno è libero di sentirsi arrivato e di continuare da solo quando crede. È bello tornare a essere padroni del proprio destino, senza fare uso maghi né veggenti e a volte… persino senza farmaci! La terapia è un percorso complessivamente piacevole, a volte anche divertente, sicuramente interessante, ma non bisogna pensare che al termine si diventi sempre “felici”.
Altre volte, si devono superare momenti difficili o di sofferenza, anche durante la stessa terapia, per non chiudere gli occhi su una parte della nostra vita, ma per trovare un nuovo modo di raccontarla e di viverla. Con i nostri tempi, avremo occhi più svelti, sensi più preparati, forze libere che ci fanno affrontare e imparare dalle esperienze, tutte quante, senza bisogno di negarle.