Si è svolta a Milano la quattordicesima edizione del Congresso Mondiale del Dolore organizzato dallo IASP (International Association for Study of Pain). La D.ssa Silvia Malaguti ha qui presentato il poster dal titolo:
“Medico-legal implication of chronic pelvic pain sequaelae following trauma and pelvic reconstructive surgery: neurophysiological and biomechanical analysis”
Lo studio è stato condotto su 595 pazienti (298 donne e 297 uomini) dal 2001 al 2011 attraverso esami neurofisiologici che comprendevano i Potenziali evocati somatosensoriali e l’Elettroneurografia del nervo Pudendo. Il 79,2 per cento dei pazienti manifestava dolore pelvico cronico, condizione che dura da più di sei mesi con riflessi gravi sulla qualità della vita dei pazienti. “I progressi delle tecniche mini-invasive nella chirurgia ano-rettale e uroginecologica hanno raggiunto negli ultimi anni un successo mondiale – spiega Malaguti – ma la prevalenza delle neuropatie del Pudendo e del plesso pelvico che possono seguire a questa tipologia di interventi non sono note”.
Rischi che sono ancora più elevati se l’intervento è successivo ad un trauma, a una precedente malattia neurologica o a un trattamento radioterapico. I risultati delle indagini di laboratorio hanno svelato che la neuropatia sacrale o del Pudendo è presente nel 96 per cento dei pazienti che si sono sottoposti a chirurgia pelvica e nell’85 per cento di quelli che hanno subito un trauma pelvico. Infine, l’83 per cento dei pazienti esaminati presenta un’alterazione biomeccanica a carico della struttura muscolo-scheletrica, che può dar vita ad una possibile compromissione del movimento e della funzionalità degli organi pelvici. In Italia il 21% della popolazione, cioè oltre 12 milioni di persone, convive con il dolore cronico. La maggioranza sono donne, circa il 56%, e l’età media è tra i 40 e i 50 anni.
In un caso su 5 la patologia porta alla perdita del lavoro, 1 su 5 subisce danni emotivi, che possono portare alla depressione. In più ci sono anche aspetti medico-legali, spesso sottovalutati, eppure molto attuali, che pongono il problema di un rischio elevato di contenzioso medico-paziente. “Una corretta valutazione neurofisiologica e biomeccanica del pavimento pelvico è in grado di chiarire l’evoluzione del dolore pelvico cronico successivo a un intervento chirurgico o a un trauma – continua Malaguti – e di ricorrere alla terapia adeguata”. Questo tipo di approccio, “che in Italia è ancora poco conosciuto e valorizzato” consente “una migliore conoscenza del rischio connesso a una specifica metodica chirurgica”, senza considerare, conclude la neurologica che esso “ è obbligatorio per una corretta selezione dei pazienti” e per evitare le implicazioni medico-legali che possono subentrare dopo la chirurgia.